“He was brilliant. He had his own style. He had his own approach,” Gates said. “Mine is, I guess…a little geekier than his was.”
Bill Gates ammette di essere meno “cool“ di Steve Jobs. Jobs faceva una distinzione più profonda; riconosceva in Bill “un uomo d’affari” che “ha saputo eccellere sul versante economico delle cose”. Lui no; Steve era diversamente orientato; “La (sua) motivazione stava nei prodotti, non nei profitti”.
“ Ho votato la mia passione alla realizzazione di un’azienda capace di durare nel tempo, dove la gente fosse motivata a fabbricare prodotti d’eccellenza”. Questo è stato il credo di Jobs: il suo obbiettivo era l’eccellenza del prodotto che potesse rispondere ai bisogni della gente, prima ancora della loro stessa formulazione; “il nostro lavoro consiste nell’immaginare ciò che il cliente vorrà, prima ancora che lo faccia lui stesso”.
Le ultime pagine della famosa biografia di Steve Jobs sono quelle che sintetizzano meglio la sua identità e il suo lascito. Leggendole e rileggendole colgo la profonda affinità che lega la nostra minuscola azienda ermesponti al colosso Apple; dalla mission orientata alla creazione di prodotti d’eccellenza fino al disinteresse per il profitto, e al problem solving quasi maieutico dei bisogni del cliente.
Ma la cosa che mi colpisce di più è l’affinità metodologica; Jobs lo chiamava “end to end process”.
E’ stato il controllo integrato di hardware, software e contenuti in un unico sistema che ha permesso ad Apple di raggiungere la perfezione del prodotto, di imporre la semplicità di dell’esperienza d’uso, di perseguire la bellezza del design ed infine la sincronizzazione dei dispositivi.
Questo è quello che cerchiamo di fare anche noi di ermesponti da anni; integrando la cultura della progettazione architettonica con le competenze della gestione del cantiere e e della produzione artigianale di alto livello; mettendo al centro le specifiche esigenze del cliente e la risoluzione dei suoi problemi in termini di spazio, tempi, costi.
E’ la crisi economica stessa che ce lo chiede; le logiche dell’interior design e del contract tradizionale non reggono più; troppi attori, processi troppo spezzettati, gaps incolmabili tra esigenze estetiche, tecniche, pratiche. Tempi dilatati, inefficienze, errori, costi sproporzionati ai risultati. L’eccellenza e la semplicità hanno un prezzo; non solo la filiera corta, la “Lean Production” ma soprattutto il processo integrato, senza interruzioni che garantisce l’ottimizzazione della qualità e della personalizzazione insieme al contenimento del fattore tempi-costi.
Il paragone è ovviamente azzardato, eppure, anche Jobs sembra quasi confermare quando cita Michelangelo e Leonardo da Vinci come esempi autorevoli di perfetta integrazione tra discipline umanistiche e scienza, arte e tecnica. Come negare che questi due mondi oggi si incontrano proprio qui nella bottega artigiana di un architetto-falegname contemporaneo come Paolo Ponti così come nei laboratori dello sviluppo prodotto di Apple? Richard Sennet in “l’uomo artigiano” ci insegna che la categoria “artigiana “ va rivista nella sua definizione e coinvolge tutto ciò che l’uomo pensa e produce direttamente; dal gelato, al mobile, ai prodotti delle nuove tecnologie. Allora “l’end to end process” potrebbe essere uno dei fondamenti per definirne la nuova identità in rapporto con le sfide del futuro; non solo per un settore specifico ma per tutti quei settori nei quali il processo richiede una nuova struttura organizzativa, anche a partire dalle attuali esigenze di competitività del mercato.
Per noi di ermesponti l’end to end process rappresenta la migliore eredità di Steve Jobs da riscoprire: dalla prima idea di progetto al prodotto finito, garantito, personalizzato: Designed – Made- to Measure.