Come molti sanno, la 14ª Biennale di Architettura di Venezia si intitola “Fundamentals, Absorbing Modernity 1914-2014” e coinvolge 65 Partecipazioni nazionali negli storici Padiglioni ai Giardini, all’Arsenale e nel centro storico della città.
Ermesponti ha contribuito a uno di questi padiglioni, il padiglione Germania, come partner per gli interni sartoriali del progetto più concretamente architettonico di questa biennale firmato dallo studio Ciriacidis & Lehnerer architekten.
Il Bungalow Germania è stato giudicato uno dei 10 migliori padiglioni, ma, per noi architetti, il suo punto di forza è un altro: è sicuramente il padiglione più “leggibile” di tutta la Biennale.
Il significato è chiarissimo, è l’unico che parla in modo univoco il linguaggio specifico dell’Architettura: lo spazio in 4 dimensioni.
Due edifici in scala 1:1 sono letteralmente incastrati uno dentro l’altro: il vecchio padiglione nazista degli anni ’30 e il miesiano bungalow interamente vetrato che il secondo cancelliere tedesco ha fatto costruire negli anni ’60.
Non c’è bisogno di nessuna mappa informativa né di alcuna didascalia per comprendere 100 anni di storia tedesca; basta vivere l’esperienza reale di questo spazio e capire da soli!
Non è necessario essere un architetto o un critico d’arte; i nostri cinque sensi sono più che sufficienti per sentire e capire lo specifico linguaggio dello spazio architettonico.
Questa semplicità è assolutamente rivoluzionaria al giorno d’oggi se pensate che ogni pezzo d’arte contemporanea ha bisogno di pagine e pagine di spiegazioni teoriche per trovare una sua giustificazione.
Davvero quindi è possibile “assorbire la modernità” (“absorbing modernity” come recita il titolo) del Kanzler Bungalow contenuto all’interno del Padiglione Germania.
L’umanista, architetto e filosofo italiano Leon Battista Alberti chiamava questa attitudine a comprendere meglio le cose attraverso il confronto diretto tra le stesse “cognitione per comparatione”.
Questo discorso è ancora più valido per lo spazio architettonico interno.
In sintesi è quello che Adolf Loos chiamava “Raumplan”; come esseri umani, siamo naturalmente strutturati per percepire lo spazio tridimensionale, a un livello interiore molto profondo.
Ogni salto dimensionale, ogni cambiamento viene sentito come un’emozione spaziale sottile.
A mio parere questo è quello che succede all’interno del padiglione tedesco: lo si può percepire chiaramente e – quasi letteralmente – “assorbire” e non sarà facile dimenticarlo.
Con tutta sincerità ho già dimenticato chi riceverà il Leone d’oro della giuria quest’anno… ma non potrò mai dimenticare l’emozione spaziale che mi hanno dato questi due edifici incastrati l’uno dentro l’altro!
Andate a Venezia e scriveteci la vostra opinione, non vediamo l’ora di leggerla!