Il nostro primo stagista.

Ieri ha finito il suo stage estivo presso la ermesponti, il primo stagista della ermesponti ;  ci siamo dal 1937, ma abbiamo scelto questo nuovo nome solo il primo ottobre scorso, dopo la scissione dal vecchio arredamenti ponti ( che è rimasto come negozio di mobili), perché crediamo che un nome e cognome di persona possano meglio rappresentare i valori sui quali è fondata la nostra realtà; in particolare, la fiducia di un rapporto diretto personale, sartoriale, con il nostro cliente.

Eugenio, primo stagista della Ermesponti, mentre impara da un mastro falegname

Di questo si tratta in realtà; siamo una sartoria dell’arredo; uno studio di architettura dentro un laboratorio di ebanisteria contemporanea.

Qui lo stilista e il sarto sono la stessa persona; parafrasando uno dei nostri maestri d’architettura, Adolf Loos, potremmo definirlo ancor meglio; “l’architetto è un muratore che ha studiato Il latino” diceva Loos di se stesso o, “un falegname” si potrebbe dire Paolo Ponti. E così come Loos, era figlio di un marmista, Palladio di un lapicida o Raffaello di un pittore capo-bottega anche Paolo Ponti è figlio di un falegname, nipote persino; la terza generazione.  Dall’ età di otto anni ha fatto il mozzo di bottega e ancora oggi, magari in fase di installazione, si toglie la giacca, appoggia la matita e prende in mano l’avvitatore. Continua a leggere

Il mio primo post.

Da almeno 34 anni scrivo a mano; disegno a mano libera da ancor prima. Adoro la matita – il lapis come dicono a Firenze- quella di legno, da temperare e quelle colorate: conservo i trucioli in barattoli di vetro. Mi piace anche il portamina dallo 0.7  fino al 0.3 per il disegno in scala. Mi piacciono i rapidi – quanti ricordi all’università – i roller, persino le biro bic nere.

Ma le stilografiche sono le mie preferite; l’inchiostro seppia.

Adoro la carta; di tutte le grammature, a seconda degli usi dal foglio di velina al quadrettato standard fino alla carte pregiate; indimenticabili le nostre pineider fiorentine.

Alcuni dei miei innumerevoli taccuini

Alcuni dei miei innumerevoli taccuini

Il mio primo blocco schizzi serio lo comprai ad un prezzo esorbitante in vecchie lire -che ho rimosso-  nella storica cartoleria Donatello in via dei servi a Firenze: dentro i miei primi pensieri architettonici a matita;  i miei primi rilievi; le mie prime bozze composizione architettonica;  principalmente Brunelleschi, ma poi anche  Michelangelo, Alberti.

Negli anni la dimensione divenne sempre più piccola, quasi tascabile, da portare sempre con sé; in giro per mostre, biblioteche, viaggi. E la scelta della manifattura sempre più ricercata;  come per esempio quelli artigianali della cartoleria Rossi di via Fernelli a Mantova o quelli con la copertina di cuoio di piazza signoria a Firenze.

Il più bello; fatto a mano dal mio Paolo; copertina di legno di ebano, rilegato con una semplice spiralina  nera a contrasto.

L’ultimo è un field notes rosso regalato da amici con pacchetto di carta velina e margheritine lilla raccolte in giardino; a quadretti; meglio così disegno in scala e scrivo dritto.

Da oggi scrivo diverso senza né carta né inchiostro; scrivo il mio primo post qui con il tocco leggero del tastierino dell’iPad perfettamente proporzionato alle mie piccole mani.

È la prima pagina del nostro notes blog, ma spero di non contare mai la mia ultima pagina di carta; ha ragione field notes: “I’m not writing down to remember it later, I’m writing it down to remember it now”.

Io non scrivo dei “memento”, ma solo per ricordarmi che “scripta manent”.

E non crediate che gli scritti rimangano sulla carta; ti rimangono dentro l’invisibile collegamento  mano- testa.

 ” ciò che non ho disegnato, non l’ho visto” . Goethe.