Sfogliando le pagine di una delle più famose riviste di design italiane (“Interni 650”) mi sono sentita persa. Mi riferisco ai servizi sul Salone del Mobile 2015: oltre 400 pagine su tutte le collezioni, i nuovi prodotti e le tendenze lanciate dai grandi marchi italiani e internazionali.
E’ l’apoteosi del “Design by”. L’esatto opposto dell’approccio Ermesponti al progetto di un interno su misura, ciò che noi chiamiamo “Designed for”, intendendo qualcosa di unico, disegnato e creato solo per te, sia esso una casa, l’interno di una boutique o uno yacht. Disegnato per te, non creato da me: questo è quel che ci piace proporre.
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Comunque sia, verso la fine della rivista, ecco qualcosa che ho trovato particolaremente valido e stimolante: le interviste ai protagonisti di questa stagione del design.
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Ma sentiamo le sue parole.
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“Tutti noi – come esseri umani e come architetti, designer o art director – affrontiamo la sfida di garantire un senso alla vita”.
Può sembrare un concetto troppo filosofico, ma questa citazione mi è piaciuta molto. Mi sembra un obiettivo importante, che coinvolge la nostra vita professionale quotidiana. Se ce ne ricordassimo ogni giorno, forse il mondo potrebbe davvero diventare un posto migliore.
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Quando, poi, Chipperfield risponde riguardo all’incarico Driade, ecco come si esprime:
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“Ho risposto subito. Sono un architetto, non so fare l’art director. Alla fine è sempre questione di avere idee”.
Apprezzo molto questo tipo di umiltà, ma anche il senso preciso della risposta finale che riguarda l’essenza dell’invenzione, sia in architettura sia nell’industrial design – avere idee. Una volta, all’inizio della grande stagione del design italiano, nel dopoguerra, tutti i progettisti erano architetti di formazione e professione (Gio Ponti, Carlo Scarpa, Achille Castiglioni…). Combinavano il patrimonio culturale della teoria della composizione architettonica con la cultura del fare di piccole imprese italiane di arredo nel distretto brianzolo. Hanno fatto una rivoluzione, con il loro semplice approccio problema-soluzione e la cultura architettonica italiana.
Anche parlando di “Common Ground”, tema della 13esima Biennale di Venezia curata da Chipperfield di tre anni fa, a chi lo stuzzicava su design e architettura, ha risposto:
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“L’architettura è design. Tutto è progetto “.
Per poi proseguire:
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“Le informazioni relative alla progettazione di un museo sono molto più complesse di quelle relative alla progettazione di un tavolo”.
…E non solo le informazioni, dovremmo aggiungere: anche le competenze e il senso dello spazio. Chipperfield ha anche riconosciuto di non avere “la particolare capacità richiesta dal design del mobile“ – menzionando nel discorso Mari, Morrison, Grcic – e ribadendo ancora, quasi scusandosi: “Sono un architetto”.
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Ho apprezzato e ammirato le risposte cristalline di questo gigante dell’architettura contemporanea. Dietro il suo aplomb britannico, al di là dell’indiscutibile savoir-faire, mi sembra di cogliere delle precise opinioni riguardo quanto sia difficile realizzare architettura in Italia (“soprattutto se è coinvolta la pubblica amministrazione”), cosa assolutamente innegabile, purtroppo. Parlando inoltre del futuro dei settori “in buona salute, moda e design“, avverte…
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“Attenzione a non sperperare risorse…”
Siamo stati avvisati.
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Chipperfield sembra suggerire che il vento stia cambiando per il mondo del design. E aggiunge:
“La domanda è nuova, dobbiamo tutti chiederci di quanti nuovi prodotti abbiamo davvero bisogno, dobbiamo essere più consapevoli, elaborare un’idea diversa di sviluppo. Siamo passati dal bisogno al desiderio, e il design si è spostato dalla proposta di beni necessari allo stimolo verso cose di cui non abbiamo alcun bisogno. Per questo motivo dobbiamo essere più consapevoli del ruolo del design e dei prodotti. E’ un grosso impegno per i brand, che devono valutare qualità e durata delle cose. I progetti hanno bisogno di integrità, e l’integrità c’è solo dove i progetti hanno un senso, un motivo di esistere.”
Tornando alla prima citazione… non era poi così filosofica.
Grazie, sir Chipperfield.
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(Daniela Podda)