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Tre domande a Francesco Morace, co-autore di “Italian Factor”.

Francesco Morace

Seguiamo da tempo, con attenzione e partecipazione l’importante lavoro del sociologo Francesco Morace, di cui abbiamo già parlato in varie occasioni.

Un evento di particolare interesse è stato la presentazione del suo libro – scritto a quattro mani con Barbara Santoro“Italian Factor” presso la Camera dei Deputati a Roma, a luglio.

Avendo partecipato direttamente all’evento, abbiamo voluto porre qualche domanda sia a Barbara Santoro (vedi qui l’intervista) sia al professor Morace, a partire dalla sua iniziativa “The Rennaissance Link” che avemmo il piacere di condividere tempo fa.

ermes ponti – The Renaissance Link e Italian Factor: due momenti di uno stesso percorso culturale?

Noi, come sai, non perdiamo nessuno dei tuoi passaggi…

Francesco Morace – Prima ancora di Renaissance Link il mio percorso culturale sull’Italia si è avviato con due libri: Italian Ways del 2003 e Il senso dell’Italia del 2008 in cui si ponevano le basi di un Rinascimento dell’Italia partendo dalle qualità inespresse e dalla scarsa consapevolezza delle nostre unicità.

Con Renaissance Link è stata lanciata l’idea di un Associazione che si occupasse di questi temi creando opinione presso le aziende e le istituzioni.

Dopo 4 anni di attività, 50 presentazioni in tutta Italia e 3 libro su Verità e Bellezza, il Talento dell’Impresa e l’Impresa del Talento, abbiamo valutato che l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica fosse stato raggiunto e abbiamo sciolto l’Associazione per continuare ciascuno liberamente con la propria missione di rafforzare il progetto nelle sedi più adeguate.

Anche per questo quando Barbara mi ha chiesto di contribuire al progetto Italian Factor ho accettato con entusiasmo.

ermes ponti – Giustamente porti, nei tuoi interventi, gli esempi di eccellenze.

Un consiglio per tutte le PMI che operano nella media del mercato, senza punte di eccellenza, ma senza nemmeno tradire il “buon mestiere”?

Siamo convinti che tra le 120mila fabbriche chiuse negli ultimi tempi vene fossero di meritevoli, al di là dell’eccellenza, che ne pensi?

Francesco Morace – A questo proposito ti segnalo un contributo che chiarisce la differenza tra Lusso ed Eccellenza: il “buon mestiere” fa parte della cultura dell’eccellenza ma non basta in tempi di competizione così inesorabile.italian factor

Ad esso bisogna aggiungere punte di innovazione su cui purtroppo la tradizione italiana non si è misurata a sufficienza. La grande maggioranza delle 120mila imprese che hanno chiuso purtroppo non erano attrezzate in questa dimensione.

ermes ponti – Politica a impresa: relazione complicata, si sa… da dove ripartiresti a ricostruire un dialogo davvero portatore di valore?

Francesco Morace – Io credo che la politica sia sempre lo specchio di un Paese e dei suoi vizi/virtù.

La classe politica la scegliamo noi e quindi il cambiamento dovrà essere profondo e arrivare fino alle fondamenta dell’essere italiani.

Mi sembra comunque che la nuova stagione politica che Renzi e il PD hanno lanciato sia foriera di positivi sviluppi, almeno nel medio termine.

Bisognerà partire da una nuova consapevolezza e da una presa di responsabilità collettiva, da una nuova attenzione al bene comune e alla possibilità di una crescita felice.

A questo è dedicato il mio nuovo libro che uscirà sempre con Egea a gennaio 2015 e che si chiamerà “Crescita felice. Per una economia civile”.

[Video] Tre domande di ermes ponti a Barbara Santoro, co-autrice di “Italian Factor”.

Barbara Santoro

Abbiamo avuto il piacere di conoscere di persona Barbara Santoro poche settimane fa a Roma, alla presentazione presso la Camera dei Deputati del libro che ha scritto, a quattro mani con Francesco Morace, “Italian Factor – Moltiplicare il valore di un paese”.

Mentre seguiamo già da diversi anni – sempre con grande interesse – il professor Morace, è stata una scoperta doppiamente piacevole incontrare Barbara, la sua passione imprenditoriale e la sua capacità comunicativa, profondamente umana.

Ci siamo quindi fatti avanti, e le abbiamo chiesto se avrebbe accettato di rispondere a qualche domanda per il nostro blog.

Con grande cortesia e disponibilità ha subito accettato, quindi siamo lieti di cederle la parola.

ermes ponti – Il libro Italian Factor, che hai scritto insieme a Francesco Morace,  è un’idea tua, nata da un’intuizione improvvisa, come ci hai raccontato.
Ci puoi ricordare quel momento, e da cosa è stato stimolato?

Barbara Santoro – Come tutte le intuizioni apparentemente improvvise anche questa è la sintesi di più esperienze.

La più significativa l’ho maturata emigrando in Canada all’età di sette anni.

Il momento stesso in cui la Leonardo da Vinci si staccava dal porto di Genova ho sentito di essere profondamente italiana e quando finalmente sono arrivata a Vancouver ho capito cosa significa essere straniera.

I primi tempi sono stati durissimi perché oltre al problema della lingua, essere italiani suscitava diffidenza e generava emarginazione.

Ma nel giro di pochi anni, grazie ai talenti, il coraggio e lo spirito imprenditoriale dei miei connazionali, tutto è cambiato: essere italiani è diventato motivo di orgoglio, e il bello, il buono e il ben fatto sono diventati oggetti del desiderio.

Da molti anni ormai sono tornata in Italia e, lavorando sul tema della comunicazione internazionale con imprenditori, manager e professionisti di tutti i settori, ho capito quanto sia stata preziosa la mia esperienza canadese.

Perché ho imparato che, al di là del talento individuale, la preparazione e la determinazione, ciascuno di noi può far leva sulla forza di un brand universalmente riconosciuto (il terzo più noto al mondo): il Made in Italy.

Perché noi siamo Made in Italy e dunque dotati di un vantaggio competitivo straordinario.

E allora, come valorizzare questo patrimonio?

Circa un anno fa, stavo lavorando con un imprenditore che da li a pochi giorni avrebbe dovuto affrontare in inglese una conferenza stampa.

Era nel panico non perché non conoscesse l’inglese ma perché non sapeva raccontare la sua attività, “ci vogliono almeno due giorni” mi disse.

Dopo un fiume di parole ho capito che la sua impresa “italianizza” grandi progetti edili all’estero, dotando uffici, ospedali, centri commerciali e, alberghi di materiali, rifiniture, arredi e arte “Made in Italy.
A parità di investimento per il costruttore, questi interventi ne incrementano il valore sul mercato del 30 %.

Ma come raccontarlo? Come sintetizzare il valore dell’ingegno, la bellezza, la maestria, l’innovazione, la tradizione, la cultura e il sapere di una famiglia o di un territorio?

Ho pensato che la somma di tutte queste italiche virtù avrebbe potuto costituire un vero e proprio ‘fattore’ di sviluppo ed essere sintetizzato in tre parole: The Italian Factor!

italian factorep – “The missing ingredient” è un bel punto di partenza… lo riprendo dal tuo intervento alla camera dei Deputati di Roma per chiederti: quali sono gli ingredienti che ci mancano?
E qual è la ricetta?
Infine: chi, a tuo parere, potrebbe gustarla e apprezzarla di più?

BS – Ogni azienda è un caso a sé… gli ingredienti di partenza possono variare, ma la ricetta è uguale per tutti:

1) Valorizzare chi siamo e ciò che abbiamo da offrire (The Italian Factor)

2) Acquisire con umiltà e determinazione ciò che ci manca

3) Studiare, studiare, studiare: il mercato, la concorrenza, i trend e i grandi protagonisti

4) Affrontare ad armi pari l’arena del mercato internazionale con gli strumenti e i linguaggi più efficaci, utilizzando, con altrettanta eccellenza, creatività e maestria con cui realizziamo le cose, tutte le leve della comunicazione (brand identity, country of origin heritage, narrative and storytelling) e del marketing (relazionale, culturale, mobile, web-based e social)

Nella mia esperienza con le aziende italiane riscontro che molto spesso il “missing ingredient” è proprio la capacità di valorizzare, promuovere e comunicare con sicurezza ed efficacia, anche in inglese.

E’ questo il potenziatore che, unitamente all’Italian Factor, può dare una spinta propulsiva alle persone, alle giovani imprese e al sistema Italia.

ep – Più volte hai rimarcato come il self-branding sia essenziale per le aziende italiane: da cosa cominceresti?
In generale, quali le best practice da seguire, a tuo parere?

BS – Insisto molto sul tema perché mentre il nostro “cultural heritage” l’abbiamo solo noi e non può essere acquisito o imitato, tutte le tecniche e le strategie di marketing e comunicazione si possono e si devono imparare.

Sottovalutarne l’importanza può significare consegnare i nostri brand di eccellenza nelle mani di multinazionali, esperte in marketing che sanno valorizzarne quei valori distintivi legati appunto all’Italian Factor.

Le best practice?

Esempi eccellenti tra i brand ancora italiani ce ne sono: Prada, Tod’s, Cucinelli, Ferragamo.

Ma tra quelli che sono stati invece acquisiti e riposizionati dalle multinazionali abbiamo aziende storiche come Poltrona Frau, Gucci, Fendi, Bottega Veneta, Cova e Acqua di Parma. La lista è lunghissima e leggerla fa un po’ male, ma invita a riflettere.

Le criticità nella vita di un’azienda possono essere davvero tante, da un ricambio generazionale alla rapida evoluzione delle tecnologie, dalla concorrenza dei mercati emergenti ai mutamenti socio-demografici.

Ma gli stessi fattori, se affrontati con passione imprenditoriale coraggio e l’orgoglio del lavoro ben fatto possono cambiare il destino di un’azienda, ma anche di un paese.

Ringraziamo di cuore Barbara per la sua disponibilità, oltre che per i suoi messaggi, così importanti.

Di seguito, un breve video girato proprio in occasione della giornata di presentazione di “Italian Factor” a Roma.

Italiani, artigiani dell’Italia del futuro. Grazie a Francesco Morace, Barbara Santoro e a tutti gli intervenuti alla presentazione romana di “Italian Factor”.

Francesco MoraceLa presentazione del libro “Italian Factor” di Francesco Morace e Barbara Santoro alla Camera dei Deputati a Roma é stata davvero interessante.

É stato un think- tank focalizzato sul “moltiplicare il valore del nostro paese”, condotto da un simpaticissimo e coinvolgente Giovanni Aversa (mantovano).

Il progetto “Italian Factor” nasce dalla passione di Barbara Santoro che, come imprenditrice e coach , italiana per nascita, canadese per adozione, orgogliosa della sua italianità sta cercando con l’aiuto di Francesco Morace di fare qualcosa per i valori del ns paese.

Barbara Santoro

Un bel modo di farlo é anche questo: dare esempi concreti, per  ragionare sui paradigmi del cambiamento.

Barbara ha chiesto a tutti di contribuire con “the missing ingredient” per la ricetta Italia: un hashtag (la parola chiave, così definita su Twitter dove si usa con il segno # davanti)… a iniziare dal suo: il #coraggiodiosare.

Secondo Barbara l’Italia deve far leva sui suoi punti di forza e venderli nel mondo con più convinzione.

Il suo approccio è riassunto in un esempio ideale: Eataly di Oscar Farinetti.

É stato geniale costruire una piattaforma distributiva che da dignità e valore alle piccole aziende e contemporaneamente al sistema paese del Made in italy.

Ermete Realacci ( parlamentare nonché presidente di Symbola, fondazione per le qualità italiane) ha proposto #onore.

Sostenendo che l’Italia può vincere la crisi affrontandola con le virtù autentiche della propria identità; innovazione, qualità e bellezza.

Tito Di Maggio, ex-presidente del distretto dell’imbottito della Murgia alla sua prima legislatura da senatore,  ha parlato chiaramente di inadeguatezza della classe politica italiana rispetto alle necessità dell’impresa, ma poi ha suggerito un incoraggiante #nihildifficilevolent… sopratutto per chi fa impresa Sud.

Maria Sebregondi, la “mamma di Moleskine” ha suggerito #doittogether intravedendo nello sharing tra le persone una possibile via per il futuro delle ns aziende.

Paolo Cuccia, presidente di Gambero Rosso, é stato il più audace: #nuovoevo.

I tempi sono maturi per promuovere le eccellenze italiane e sopratutto il turismo al quale é legato il tutto il settore food e la manifattura.

Valeria Mangani, vicepresidente di Altagamma Roma: #infinitepossibilities per sottolineare che il nuovo lusso é inside-out: bellezza dell’human value che viene espresso anche da tutto ciò che lo riconosce e lo esprime; dall’abito su misura all’arredo sartoriale.

L’intervento più coraggioso é forse stato quello in videoconferenza di Francesco Casoli di Elica; #passione umiltá e aggregazione: per vincere la partita bisogna crederci!

Italian Factor Roma

Anche noi di ermesponti abbiamo suggerito la un concetto, che viene dal Rinascimento e – modestamente – anche dalla nostra azienda: #endtoendprocess.

Secondo noi, l’eccellenza viene da tutto il processo, dalla fase creativa a quella manifatturiera alla comunicazione e alla vendita.

Non basta avere buone idee, realizzarne i prototipi, se non si é in grado di gestirle fino a metterle in pratica.

É un peccato vedere idee  e prototipi italiani svenduti a imprese estere che fanno crescere i loro PIL con i ns talenti.

L’unico che non ha espresso un hashtag é stato proprio Francesco.

Eppure ha ribadito con forza la sua idea che emerge chiaramente anche dal libro:

Ognuno di noi italiani può e deve fare come un artigiano davanti al suo lavoro (e forse alla sua coscienza): con passione e dedizione farlo nel miglior modo possibile solo per il gusto e la soddisfazione di un lavoro ben fatto.

Se ci riusciremo, senza lamentarci di ciò ciò che non possiamo cambiare e insegneremo questo ai nostri figli avremo fatto già tanto per il nostro paese.

Italiani, artigiani del futuro dell’Italia; potremmo felicemente concludere, cullati dal canto di Pavarotti che ha concluso l’incontro.

Italian Factor: Pavarotti