Cos’è un falegname per noi di ermesponti.

Si fa presto a dire “falegname”.

In ermesponti coltiviamo questo antico mestiere con attenzione e rispetto.

Falegname presso ermespontiMolti dei nostri carpenters (così li definiscono i nostri clienti internazionali) sono in realtà maestri falegnami, che hanno imparato con noi, negli anni, progetto dopo progetto, a lavorare il legno.

In ermesponti, a partire dal titolare – il quale, nonostante la cinquantennale storia imprenditoriale, ha sempre voluto “falegname” sulla carta d’identità – essere falegname significa essere al cuore operativo dell’azienda, laddove il pensiero si fa materia Signor ermes ponti,titolare dell'azienda omonima, al lavoro con un falegnamegrazie all’opera della mano, per poi restituire alla mente l’esperienza vissuta della lavorazione manuale, in un arricchimento costante e fluido, senza divisioni tra “chi pensa” e “chi fa”.

In ermesponti “pensare” e “fare” sono due prospettive dello stesso sguardo,  due fasi dello stesso progetto, due momenti della stessa giornata. Non c’è separazione tra lavoro della mente e lavoro della mano, indipendentemente dai ruoli aziendali.

Un falegname di ermesponti (Mantova, Italy) al lavoroQuesto “dialogo” costante tra pensiero e azione,  costituisce un continuum che porta, secondo noi, all’eccellenza nella realizzazione di un pezzo di interiors, sia esso residenziale, retail o yacht.

E se vogliamo entrare nell’operativo, ecco come è organizzato il lavoro.

Ogni falegname è responsabile del proprio lavoro e della propria micro-commessa (cioè della parte della commessa oggetto della specifica fase del lavoro).
Dopo aver parlato con l’architetto sulla base dei suoi disegni esecutivi, il falegname ermesponti si disegna da solo al computer le schede necessarie per la produzione, poi esegue i tagli dei pannelli alla macchina a controllo numerico, così da ottenere precisione millimetrica nelle lavorazioni più difficili; infine completa le parti più importanti a mano e assembla l’arredo in laboratorio prima della fase di verniciatura per verificarne la perfezione.

Questo approccio, semplice ma non banale, ci consente di incrementare la creatività diffusa (widespread creativity), mentre il problem solving naturale dell’artigiano lavora in continuità con l’architetto, al di là della porta a vetri che li divide e li unisce.

Vi sembra poco? Per noi è tutto qui: è così che creiamo valore per i nostri clienti.
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“Se vuoi fare l’architetto, impara a fare il falegname”

Su questo, Mr. Shu ci trova sicuramente d’accordo!

Falegname al lavoro presso ermesponti Mantova

Gita alla Basilica di San Vitale a Ravenna, con Paul Valéry e Leon Battista Alberti

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E dimmi (giacché sei così sensibile agli effetti dell’architettura), non hai osservato, andando per la città, che tra gli edifici che la popolano, alcuni sono muti, altri parlano e altri ancora, i più rari, cantano?
Ebbene, qualche settimana fa abbiamo voluto tornare a visitare una delle capitali – quasi dimenticate – della storia e della cultura di questo nostro paese: Ravenna.
Le volte della Basilica di San Vitale a Ravenna
Qui sono molti gli edifici che – per dirla con Valéry – parlano, e ve ne sono anche alcuni che cantano (e piacerebbero anche al maestro Riccardo Muti, che citava come la musica più profonda stia in mezzo ai suoni e non nei suoni, proprio come nell’architettura è nello spazio delimitato tra le colonne, non nelle colonne).
E che canto si leva dalla Basilica di San Vitale di Ravenna!
Un canto – dopo 1500 anni – ancora perfettamente vivo, forte, chiaro. Indimenticabile.
Un canto che si può definire “spaziale”.   Per intenderci, a San Vitale il canto dell’architettura si sente in modo completo, con tutti i sensi coinvolti nella percezione dello spazio.
Veduta interna della Basilica di San Vitale a Ravenna

Lo spazio architettonico romano raggiunge qui il suo grado più alto “smaterializzazione”, al punto che…. difficilmente può esserci spazio più spirituale di questo.

Non è esagerato affermare che San Vitale mette la prima pietra dello sviluppo di tutta l’architettura sacra del medioevo europeo (è bello ricordare qui le pagine di un testo fondamentale: “Lo spazio architettonico da Roma a Bisanzio” di Sergio Bettini).
La struttura architettonica tipica dei templi romani a pianta circolare diventa – a San Vitale – un sistema organico che frammenta lo spazio seguendo la direzione centrifuga delle forze statiche.
Il muro perimetrale è quasi negato, sembra una membrana che si muove e respira.
Le finestre di alabastro filtrano una luce marmorea.  La spinta della cupola verso l’alto è quasi risucchiante e la profondità dell’abside -sbriciolato dalle luce immateriale delle superfici musive – orientano subito verso lo stesso “altrove”: forse il cielo?
Mosaico alla Basilica di San Vitale a Ravenna
Anche i mosaici originali del pavimento danno una profondità insolita, e la sensazione che si prova è di galleggiare in una dimensione spaziale sofisticatissima, quasi immateriale.
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Un edificio è come un corpo
scriveva qualche anno fa (nel 1450) Leon Battista Alberti nel suo De Re Aedificatoria e la sua armonia è la “Concinnitas” di tutte le parti,  ecco ciò che affascina di San Vitale.

La postura di questo corpo architettonico e il rapporto tra tutte le sue parti (dai muri alle aperture, al singolo dettaglio architettonico) ci eleva ad un altra dimensione.

Non c’è direzione; il pavimento, il bema e la cupola ci risucchiano e tutto intorno lo spazio sembra girare.

Com’è possibile che una creazione umana, un edificio architettonico, raggiunga tali livelli di misteriosa bellezza?
Più che un’opera dell’uomo, sembra una creatura di Dio: luce e spiritualità purissime.

E invece, l’uomo ha concepito e realizzato questo capolavoro architettonico. È incredibile come la mente e  la mano dell’uomo possano arrivare a livelli espressivi così alti. Il canto architettonico di San Vitale é commovente – ieri come oggi – perché esprime un’armonia che tocca le corde più profonde dell’anima umana.

L'interno della Basilica di San Vitale (Ravenna)