Gita alla Basilica di San Vitale a Ravenna, con Paul Valéry e Leon Battista Alberti

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E dimmi (giacché sei così sensibile agli effetti dell’architettura), non hai osservato, andando per la città, che tra gli edifici che la popolano, alcuni sono muti, altri parlano e altri ancora, i più rari, cantano?
Ebbene, qualche settimana fa abbiamo voluto tornare a visitare una delle capitali – quasi dimenticate – della storia e della cultura di questo nostro paese: Ravenna.
Le volte della Basilica di San Vitale a Ravenna
Qui sono molti gli edifici che – per dirla con Valéry – parlano, e ve ne sono anche alcuni che cantano (e piacerebbero anche al maestro Riccardo Muti, che citava come la musica più profonda stia in mezzo ai suoni e non nei suoni, proprio come nell’architettura è nello spazio delimitato tra le colonne, non nelle colonne).
E che canto si leva dalla Basilica di San Vitale di Ravenna!
Un canto – dopo 1500 anni – ancora perfettamente vivo, forte, chiaro. Indimenticabile.
Un canto che si può definire “spaziale”.   Per intenderci, a San Vitale il canto dell’architettura si sente in modo completo, con tutti i sensi coinvolti nella percezione dello spazio.
Veduta interna della Basilica di San Vitale a Ravenna

Lo spazio architettonico romano raggiunge qui il suo grado più alto “smaterializzazione”, al punto che…. difficilmente può esserci spazio più spirituale di questo.

Non è esagerato affermare che San Vitale mette la prima pietra dello sviluppo di tutta l’architettura sacra del medioevo europeo (è bello ricordare qui le pagine di un testo fondamentale: “Lo spazio architettonico da Roma a Bisanzio” di Sergio Bettini).
La struttura architettonica tipica dei templi romani a pianta circolare diventa – a San Vitale – un sistema organico che frammenta lo spazio seguendo la direzione centrifuga delle forze statiche.
Il muro perimetrale è quasi negato, sembra una membrana che si muove e respira.
Le finestre di alabastro filtrano una luce marmorea.  La spinta della cupola verso l’alto è quasi risucchiante e la profondità dell’abside -sbriciolato dalle luce immateriale delle superfici musive – orientano subito verso lo stesso “altrove”: forse il cielo?
Mosaico alla Basilica di San Vitale a Ravenna
Anche i mosaici originali del pavimento danno una profondità insolita, e la sensazione che si prova è di galleggiare in una dimensione spaziale sofisticatissima, quasi immateriale.
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Un edificio è come un corpo
scriveva qualche anno fa (nel 1450) Leon Battista Alberti nel suo De Re Aedificatoria e la sua armonia è la “Concinnitas” di tutte le parti,  ecco ciò che affascina di San Vitale.

La postura di questo corpo architettonico e il rapporto tra tutte le sue parti (dai muri alle aperture, al singolo dettaglio architettonico) ci eleva ad un altra dimensione.

Non c’è direzione; il pavimento, il bema e la cupola ci risucchiano e tutto intorno lo spazio sembra girare.

Com’è possibile che una creazione umana, un edificio architettonico, raggiunga tali livelli di misteriosa bellezza?
Più che un’opera dell’uomo, sembra una creatura di Dio: luce e spiritualità purissime.

E invece, l’uomo ha concepito e realizzato questo capolavoro architettonico. È incredibile come la mente e  la mano dell’uomo possano arrivare a livelli espressivi così alti. Il canto architettonico di San Vitale é commovente – ieri come oggi – perché esprime un’armonia che tocca le corde più profonde dell’anima umana.

L'interno della Basilica di San Vitale (Ravenna)

 

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