Daniela e Paolo Ponti per ermesponti sulla Gazzetta di Mantova: “Da falegnami a sarti dell’arredo: la stoffa della famiglia Ponti”.

Dopo il nostro piccolo intervento ad uno degli appuntamenti della serie “Ceck -List: tra attività e creatività” presso la sede dell’API di Mantova abbiamo avuto un piccolo articolo dedicato all’evento sulla Gazzetta di Mantova (http://gazzettadimantova.gelocal.it/cronaca/2012/10/19/news/da-falegnami-a-sarti-dell-arredo-la-stoffa-della-famiglia-ponti-1.5891116).

In generale abbiamo apprezzato il contenuto dell’articolo – nonostante il piccolo errore di omissione del nome corretto della nostra azienda “ermesponti”- ma quello che più ci ha stupiti è stata l’improvvisa .- anche se speriamo caduca- notorietà che ne è derivata, come per esempio; “Signora l’ho vista sulla Gazzetta; com’è fotogenica!”. Sembra che ad essere fotografati sul giornale locale si diventi persino fotogenici ( nonostante l’espressione concentrata al limite dell’imbronciato che avevo in quella foto…). Non so quanto chi ha mi ha fatto questo tipo di commenti – in realtà anche con il tono simpatico della piacevole chiacchierata di provincia- abbia poi capito qualcosa sul nostro “core business”,  ma tant’è.

Tutto ciò a conferma – se ce ne fosse bisogno – che la diffusione della Gazzetta a Mantova è superiore a quella dei quotidiani nazionali; quando il 4 luglio è uscito un articolo su noi di ermesponti sul Corriere della Sera (http://www.corriere.it/cronache/speciali/2012/buonenotizie/notizie/falegname-che-sconfigge-la-globalizzazione-di-vico_e040ac50-c59d-11e1-9f5e-4e0a5c042ce0.shtml) qui a Mantova sembra che nessuno se ne sia accorto; nonostante fosse una pagina quasi intera sulla rubrica “buone notizie “ firmata dalla penna autorevole dell’ex direttore Dario di Vico, con tanto di foto, firmata Martino Lombezzi per Contrasto, persino con richiamo in prima pagina!

La piccola Gazzetta di Mantova rispetto al grande quotidiano milanese nel territorio mantovano la fa da padrona! Vuoi mettere gli Sforza rispetto ai Gonzaga?

L’architetto–falegname e “ L’impresa del talento”; la check-list di ermesponti nella sede API di Mantova.



Giovedì 18 ottobre abbiamo avuto il piacere di portare la nostra esperienza alla serie di incontri organizzati dall’ API di Mantova; ”Ceck-list , tra attività e creatività”. Abbiamo parlato della nostra esperienza positiva di “restart “ di un laboratorio di produzione alla terza generazione proprio grazie all’apporto creativo del “design thinking”, come lo definirebbe Francesco Morace (http://francescomorace.nova100.ilsole24ore.com/); la ermesponti nasce e rinasce (ufficialmente solo il primo ottobre del 2011con la scissione dalla vecchia arredamenti ponti) grazie all’occasione di cambiamento offerta dalla crisi congiunturale che ci ha spinti ad una totale revisione della vecchia organizzazione per assicurare la competitività sui mercati sempre più globali che ci trovavamo ad affrontare.

La creatività di una professione come quella progettuale dell’architetto è stata ingrediente fondamentale insieme alla creatività artigiana del falegname che -con il nostro nuovo metodo di lavoro (http://www.ermesponti.it/it/saperfare/metodo.html)- ritorna ad avere un ruolo centrale nell’organizzazione del lavoro e nella produzione di valore aggiunto. La gestione verticale dell’intero processo dal progetto architettonico alla produzione integrata del prodotto e all’organizzazione di tutte le fasi del cantiere fino ad installazione finita ha consentito a noi e ai nostri clienti, sia quelli “business” che quelli “residential”, una consistente ottimizzazione della qualità del progetto e del prodotto nonostante l’apprezzabile risparmio del fattore cruciale tempi-costi.

Una piacevole chiacchierata tra piccoli e medi imprenditori; un’occasione per riflettere  non solo sulla creatività come antidoto alla crisi, ,ma anche su come la creatività– anche quella imprenditoriale -non sia tanto un talento innato quanto il frutto di un paziente lavoro di “ricomposizione” delle proprie personali ricerche e dei propri studi nel tentativo di rispondere alle richieste del mercato e della società.

“L’impresa del talento”; dal Festivaletteratura di Mantova alla Biennale di architettura di Venezia passando idealmente anche per Pordenone.

A Mantova, l’8 settembre, in occasione del festivaletteratura 2012, abbiamo ospitato sul palcoscenico del teatrino D’Arco, i curatori del libro “L’impresa del talento, I territori creativi delle imprese italiane” per dare voce e presenza ad un mondo -quasi sommerso- di fare impresa che non trova spazio  e possibilità di esprimere il suo positivo e concreto esempio di  modello imprenditoriale nei media tradizionali ( troppo impegnati ad alimentare le inutili polemiche politiche locali e nazionali o a mettere sotto i riflettori le più tristi e dolorose storie che purtroppo la cronaca quotidiana non ci fa mancare, o addirittura a rincorrere trionfi o fallimenti di star del calcio o dello spettacolo).

I curatori ci hanno raccontato come è nato questo bellissimo progetto di ricerca; Giovanni Lanzone ci ha raccontato i tempi in cui scrisse insieme a Francesco Morace il testo che ha dato origine a tutto : “ Verità e Bellezza” e di come la storia italiana del Rinascimento se riscoperta può darci – e ci sta ancora dando- delle piste da seguire per uscire vittoriosi dal labirinto di questa crisi con il filo di Arianna in mano. Continua a leggere

“Se vuoi fare l’architetto 
impara a fare il falegname”

Su La Stampa di oggi ho appena letto l’intervista a Wang Shu – vincitore del premio Pritzker 2012-  in occasione della sua Lectio Magistralis alla Triennale di Milano per l’inaugurazione della mostra “ from research to design – selected architects from Tongji University of Shanghai.

Fin da quando – qualche settimana fa-  appresi dell’assegnazione del Prizker all’architetto cinese Wang Shu e lessi la sua intervista sul New York Times, ebbi l’impressione di una certa affinità con alcune sue affermazioni  che oggi ritrovo confermate ancora di più in quest’ultima intervista Milanese. Continua a leggere

Il disegno architettonico è morto?

Micheal Graves, famoso architetto statunitense degli anni 70 e 80 del secolo scorso si chiede preoccupato sul New York Times il perché sia diventato di moda in certi ambienti dichiarare la morte del disegno di architettura.

Si chiede chi sia l’assassino e la risposta più semplice potrebbe essere il computer.

In realtà credo che sia ben più profonda la causa e in particolare risieda nella malattia culturale che sta stremando la disciplina della composizione architettonica; in alcuni atenei italiani – e immagino anche europei e americani- non si insegna neanche più.

Per non parlare della Storia; non quella degli storici, ma quella degli architetti che facevano il Prix de Rome con il blocco da disegno in mano.

Gli architetti sono diventati non dei pazienti e colti compositori, ma degli artisti o peggio delle archistars; creativi nel senso di creatori ex nihilo di un oggetto tridimensionale che ha perso ogni riferimento valoriale architettonico.

Io la cura ce l’avrei; non è farina del mio sacco, ma del mio professore di Composizione Architettonica all’Università di Firenze, Gian Carlo Leoncilli Massi, un “etrusco” – così lo chiamava Carlo Scarpa- colto e severo che ci ha indirizzato alla riscoperta della storia dell’architettura con il blocco e la matita in mano; il disegno è innanzitutto uno straordinario strumento conoscitivo e compositivo ( “tutto ciò che non ho disegnato, non l’ho visto” Goethe). Ci ha insegnato a cercare le radici teoriche; Vitruvio, Leon Battista Alberti, Vasari; fino ai grandi tentativi di Paul Valery (  l’Eupalinos o l’architetto) o del teorico Cesare Brandi ( Eliante o dell’architettura). Ci faceva leggere persino Dante (eravamo a Firenze), Calvino ( le sue indimenticabili otto lezioni americane), Jean Clear ( Critica alla Modernità).

Il disegno architettonico è uno strumento “inalienabile” dell’architetto; dalla prima idea figurativa su un foglio bianco – quasi una poesia- al primo atto compositivo: il disegno bidimensionale in scala; la pianta, la regina del progetto, e la sezione fino ai dettagli da cantiere disegnati in scala su un blocco per farsi intendere dalle maestranze.

Michelangelo che oltre che scultore, pittore e scrittore fu anche uno splendido architetto diceva: “l’architetto ha le seste negli occhi”. E nel suo “l’uomo artigiano” Sennet spiega eloquentemente come lo sviluppo evolutivo del cervello umano sia strettamente legato all’uso della mano.

Se potessi superare quei sei o otto giri di persone che ci separano direi a Graves di rileggere il De Re Aedificatoria di Leon Battista Alberti ( in latino, se possibile); l’edificio architettonico è un corpo e la definizione albertiana di armonia – la concinnitas universarum partium– è la proporzione armonica, numerica, tra le parti tanto che nulla si può togliere o aggiungere senza turbarla. In questo contesto, il disegno è il lineamentum, il profilo del corpo architettonico, il contorno, a fil di ferro, a matita 4H, diceva il mio Prof. sopracitato.

Non c’è architettura senza disegno perché il disegno è il suo contorno, la sua definizione (descriptio); forse un progetto è solo il rilievo del profilo del corpo architettonico che verrà.

www.ilpost.it/2012/09/03/il-disegno-architettonico-e-morto

Festivaletteratura, anche noi ci saremo


In occasione del Festivaletteratura 2012, sabato 8 settembre, alle 18:00, al Teatrino D’Arco in Piazza D’Arco 2, a Mantova, verrà presentato il volume “ Il Talento dell’Impresa” a cura di Linda Gobbi, Giovanni Lanzone e Francesco Morace;  saranno presenti i curatori.

Una boccata d’aria fresca e pulita nell’atmosfera stagnante dell’informazione sullo stato di salute dell’impresa italiana in questo periodo di epocale crisi economica e culturale e – come dice Morace stesso –  “di cambiamento di paradigmi”.

Il volume – secondo di un ampio progetto editoriale e di ricerca- presenta l’esempio concreto e positivo di dieci aziende italiane -selezionate dall’associazione The Renaissance Link – a testimonianza che la gran parte del tessuto industriale italiano è ancora vivo e competitivo nel mercato globale, grazie alla forte identità valoriale, culturale e di impresa del modello -tutto italiano- dei settori di eccellenza del Made in Italy.

Speriamo possiate partecipare a questo evento, presentato oltre che dall’associazione The Renaissance Link e da Nomos Edizioni, anche da API Giovani e dal Gruppo Giovani Industriali di Mantova con l’auspicio che  possa essere -soprattutto per i giovani imprenditori e i giovani professionisti- un incoraggiamento a investire i loro talenti di creatività ed il loro entusiasmo in questo nostro bel paese che è l’Italia.

Scarica l’invito per l’evento Festivaletteratura 2012

Il Leone D’oro alla carriera della 13° Mostra Internazionale di Architettura ad Alvaro Siza.

Poddaponti architetti ed ermesponti -dall’ultima fila- applaudono all’attribuzione del Leone d’oro alla carriera della 13° Mostra internazionale di architettura ad Alvaro Siza.

Architetto portoghese amato fin dalla nostra prima formazione universitaria; indimenticabile lo storico numero monografico di El Croquis 68/69 a lui dedicato nel 1994 e la nostra prima fuga in auto verso la vicina Weil am Rhein per visitare una sua architettura dal vero a confronto con le firme d’architettura che la Vitra aveva raccolto nella sua cittadella aziendale: dall’inglese Nicholas Grimshaw, al famosissimo Tadao Ando, alla giovane Zaha Hadid fino alla prima opera europea del californiano Frank Gehry e qualche intervento interior del nostro bravissimo Antonio Citterio.

Quasi tutte archistars riconosciute e famose anche oggi per le loro opere caratterizzate da uno stile fortemente riconoscibile e da una ricerca formale quasi al limite tra l’architettura e le altre discipline artistiche e intellettuali.

Alvaro Siza no; fin dall’inizio, dichiaratamente e manifestamente architetto di un‘architettura rigorosa e pulita, senza fronzoli, espressione di una pratica professionale e di una cultura formativa integralmente incentrate sui valori della pura architettura.
Molto bello il testo di motivazione del Cda:  “Protetto dalla sua collocazione isolata emana una saggezza universale”.

Alvaro Siza propone con il suo esempio un modello di architetto molto diverso da quello imperante nel mondo delle archistar dei progetti eclatanti e pubblicitari; una coerenza formale e un’etica professionale che nascono da una cultura architettonica profondamente consapevole e da un’identità riconosciuta come punto di vista individuale, ma anche come punto di partenza per instaurare un dialogo con il resto del mondo, con le più diverse identità che questo mondo globalizzato ci propone ogni giorno.

I nostri più sentiti complimenti ad Alvaro Siza per questo, ma anche a David Chipperfield, direttore di questa 13° Biennale D’architettura, che ha proposto la sua candidatura e che – a partire dal titolo “Common Ground”- sta dando un’impostazione nuova a questa manifestazione, dichiaratamente contro la spinta individualistica degli ultimi ventanni e in favore del riconoscimento di una piattaforma comune dell’architettura contemporanea nell’eredità dell’architettura del XX secolo.

E chi può dire che Siza non abbia ben assimilato la lezione di Giuseppe Terragni o di Adolf Loos?


Common Ground (Venezia, Giardini e Arsenale, 29 agosto – 25 novembre 2012)
È stato attribuito all’architetto portoghese Álvaro Siza Vieira il Leone d’oro alla carriera della 13. Mostra Internazionale di Architettura – Common Ground (Venezia, Giardini e Arsenale, 29 agosto – 25 novembre 2012). La decisione è stata presa dal Cda della Biennale di Venezia presieduto da Paolo Baratta, su proposta del Direttore David Chipperfield, con la seguente motivazione: “Protetto dalla sua collocazione isolata emana una saggezza universale”.


Barbara Massimino, gioielli bellissimi e unici

Qualche sera fa ho conosciuto – sotto le palme di questa piccola oasi della punta più meridionale della Sardegna, Barbara Massimino, un’artista straordinaria. Un’artista-artigiana che disegna e costruisce gioielli bellissimi e unici, “custom made”; un po’ come i nostri arredi sartoriali che progettiamo e realizziamo in esclusiva per ogni nostro cliente.

Lavora le pietre naturali; cristalli sempre più rari e minerali provenienti anche da alcune zone del territorio sardo; bellissime le lavorazioni ad intreccio dei suoi fili di rame usati come uncinetto, tinti in bagni galvanici ad hoc per la  paletta colori specifica dedicata ad ogni gioiello.

Mi ha stupita l’eleganza – dote sempre più rara in questo mondo sciatto e volgare – e l’amore per i suoi gioielli e il suo lavoro fino all’imperativo categorico di far sempre – a qualsiasi costo – un lavoro ben fatto, fatto a regola d’arte, si diceva una volta.
Barbara vive e lavora nei mesi invernali a Milano e in quelli estivi qui nel sud Sardegna.

Parlo di lei perché ci lega una singolare affinità elettiva; pensare e realizzare  in esclusiva per il cliente prodotti d’eccellenza a costi altamente competitivi grazie al taglio netto dei costi di distribuzione (solo diretta) e comunicazione (affidata, come spesso nel nostro caso, al passaparola naturale della clientela) in favore dell’investimento sulla qualità.

www.barbaramassimino.com